Il dolore da osteoartrite, presente nelle fasi iniziali della malattia in modo saltuario e intermittente, può diventare più intenso man mano che infiammazione e degenerazione articolare progrediscono, fino a diventare costante. La cronicizzazione del dolore articolare rappresenta una condizione che altera profondamente la qualità di vita del nostro compagno a quattro zampe, essendo presente non solo quando l’articolazione viene intensamente sollecitata, come ad esempio durante la corsa o nel compiere un salto, ma anche durante i periodi di scarsa attività e di riposo.

Bisogna ricordare infatti che il dolore da artrite, che come tale può essere considerato utile in quanto possiede una funzione biologica protettiva (sistema di allerta che innesca riflessi protettivi), se persiste a lungo può indurre reazioni metaboliche e neuroendocrine di stress, influenzando profondamente le funzioni biologiche e il comportamento. Questo tipo di dolore viene indicato con il nome di “dolore patologico”.

La prolungata stimolazione del sistema neurologico che trasmette gli stimoli del dolore dalla periferia (articolazione) verso i centri nervosi (midollo spinale ed encefalo), e che ne modula l’intensità, il cosiddetto sistema nocicettivo, in caso di artrite può indurre una percezione esagerata e amplificata del dolore stesso, la cosiddetta “memoria del dolore”.

Anche il danno ossidativo articolare, conseguente ad una eccessiva produzione di radicali liberi,  ha una notevole importanza nella progressione del danno articolare e nella genesi del dolore cronico articolare.

In particolare è stato dimostrato che la cartilagine degenerata ha un contenuto di antiossidanti, in particolare Superossidodismutasi (SOD), molto inferiore rispetto alla cartilagine sana, anche nelle fasi molto precoci di danno articolare, e che tale carenza di SOD favorisce l’attività degli enzimi proteolitici (metalloproteasi) che fanno progredire la degenerazione articolare. Per questo motivo l’apporto esogeno di antiossidanti contribuisce al controllo dello squilibrio ossidativo e delle conseguenze che questo induce a livello articolare, ovvero sia dolore e progressione della malattia.

Bisogna infine ricordare che la percezione del dolore da osteoartrite è molto soggettiva: infatti cani con evidenti lesioni radiografiche possono essere scarsamente sintomatici, mentre cani con limitate lesioni radiografiche possono manifestare zoppia e dolorabilità anche marcate. Ciò si spiega con il fatto che percezione, trasmissione ed elaborazione delle sensazioni di dolore in corso di artrite, sono modulate e coordinate in modo soggettivo da complessi e sofisticati sistemi neurologici, che rispondono individualmente in ogni singolo animale.

Questo giustifica anche il fatto che il gatto, rispetto al cane, si comporti in modo molto diverso nei confronti del dolore da osteoartrite, manifestandolo in modo meno evidente, proprio perché questi sistemi di controllo del dolore agiscono differentemente nei felini rispetto ai canidi. Solitamente infatti, i gatti raramente zoppicano in caso di osteoartrite, ma piuttosto modificano le loro abitudini quotidiane: altezza e frequenza dei salti diminuiscono, le abituali operazioni di grooming sono ridotte, le unghie crescono in modo eccessivo a causa di un minor consumo, anche la cassetta per le deiezioni può diventare un ostacolo faticoso da superare. La zoppia a carico di uno o più arti è meno facilmente individuabile rispetto ai cani affetti da osteoartrite, e in molti casi si manifesta nelle fasi più avanzate.